Più volte mi è stato chiesto: ma noi cristiani o noi credenti, che cosa abbiamo in più rispetto a quanti non credono? Rispondevo e rispondo: non abbiamo nulla di più.
Il credere in Cristo non è qualcosa in più rispetto alla comune esperienza. Ma è aderire ad un orizzonte nuovo che qualifica profondamente tutta l’esperienza. Gesù Cristo apre su ogni uomo nientemeno che il cielo (vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo. Gv 1,51): l’orizzonte più vasto possibile.
Non si dà l’umano e il cristiano come fossero due realtà separate da poter confrontare. Essere cristiani significa vivere la propria umanità nel seguire la via di Gesù, nel camminare sulla sua strada. Non per niente negli Atti degli Apostoli la vita secondo Gesù è chiamata proprio via: «Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via » (Atti 9,1-2).
Occorre essere consapevoli del tempo – kairòs – ovvero della grazia che Dio ci riserva in questo tempo in cui troppe volte si lamenta un venir meno del cristianesimo. La grazia che Dio oggi ci dona è di poterci risvegliare dal sonno e dallo smarrimento di questa cultura apparentemente solo secolare, senza cielo. È grazia di poter testimoniare, nel venir meno degli appoggi istituzionali e culturali tipici della societas christiana, la capacità della Rivelazione di offrire un senso di vita vero perché buono e giusto, una verità capace di far vivere nella giustizia e nella dedizione.
È la pienezza di senso della vita offerto a tutti e che con le parole della Liturgia può diventare preghiera. Al mattino, quando senza alcun nostro merito ci risvegliamo, il sole sorge ancora e possiamo allora riconoscere con gratitudine: «Ogni giorno del nostro pellegrinaggio sulla terra è un dono sempre nuovo del tuo amore per noi e un pegno della vita immortale» (prefazio del tempo Ordinario).
di Romolo Rossini