Il 9 marzo 2020, all’inizio del lockdown per la pandemia da COVID-19, papa Francesco apriva al mondo la Messa quotidiana a santa Marta. Così scriveva, nella rivista “Sulla via della pace” del settembre 2021, Annalisa Bianchini, facendone memoria: “La cosa più bella, che non dimenticherò mai perché è rimasta incisa profondamente nel mio animo, era la mattina, la sveglia alle 6:50. Mi alzavo, spalancavo la finestra della cucina da cui vedevo sorgere, anzi, irrompere prepotente meraviglioso il sole. E poi, subito alla TV per non perdere quel momento che ancora adesso mi commuove, l’entrata un po’ zoppicante del Papa nella cappella essenziale eppure intima di S. Marta. Poi, insieme, a migliaia, decine di migliaia di persone, ciascuno nell’intimità della sua casa ma consapevoli di appartenere ad una comunità, aspettavamo di sapere di chi il Papa quel giorno si sarebbe preso cura nella sua preghiera. E poi una voce umile e perfetta che ci consegnava le letture e un’altra voce, un po’ stonata, della suora cantava la lode. E le parole del Papa, sempre imprevedibili, incisive: come non condividerle nel cuore?”
Dopo 5 anni, ci troviamo ad accompagnare il Papa nella fatica della malattia. Anche noi diciamo a Gesù, come le sorelle di Lazzaro nel Vangelo di Giovanni: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». Certi che ogni cosa è nelle Sue mani.