Riaprire

In un cartone animato della Disney, c’è un personaggio – Maui – che si porta tatuate sul corpo tutte le sue imprese, tutte le sue prodezze e tutte le sue sconfitte. È una cosa che, guardando il film, passa inosservata, nascosta da un’allegra canzone e un sidekick simpatico. Eppure, a ben guardare, Maui ci dice qualcosa di noi: ci portiamo addosso tutta la nostra storia.

Abbiamo sentito spesso, da un anno a questa parte, il desiderio espresso di «tornare alla normalità». Finalmente siamo in zona gialla, e adesso che si vede un po’ di luce non posso fare a meno di chiedermi che cosa ha scritto questo isolamento in ognuno di noi. Cosa ci è rimasto attaccato addosso dei lunghi giorni rinchiusi tra le pareti domestiche? Cosa ci portiamo dentro, più o meno consapevolmente, dei bollettini di telegiornale? Possiamo davvero “tornare” alla normalità?

Vivere in casa, fare smartworking, oltre allo stress, alla depressione e all’isolamento ci ha impedito di entrare in relazione fisicamente con gli altri. Adesso che si può ricominciare a vivere, non siamo più abituati alla realtà. Interagire con le persone è impegnativo, fisicamente ed emotivamente. Al sicuro nelle nostre case, dietro ad uno schermo, abbiamo perso l’aspetto più vero e bello delle relazioni, ma anche il più faticoso. E adesso che si può ricominciare mi domando se non ci siano rimaste attaccate addosso un po’ di pigrizia e un po’ di paura. Mi domando se non ci siano rimasti addosso rancori, magari sommersi dalla nostalgia, ma sempre pronti a tornare a galla. Mi domando se a star soli con noi stessi abbiamo finalmente imparato l’importanza di ascoltarci, o ci siamo solo spaventati e chiusi di più. Mi domando in che modo ci ha cambiato questa pandemia e come questo cambiamento inciderà sulle nostre relazioni.

Quello che viviamo ci rimane tatuato addosso. Sarebbe sciocco da parte nostra pensare di poter tornare alla normalità. La normalità che ci attende è tutta da ricostruire. Non si tratta di un ritorno, ma di una ripresa. Si tratta di fare fisioterapia delle relazioni e della vita per poter riprendere a camminare da dove eravamo rimasti. Ma serve esercizio: non siamo più abituati.

Il fatto che si riapra a maggio mi sembra molto metaforico: la natura sta rinascendo con tutta la fatica che serve ai fiori per sbocciare e alle piante per crescere. Per noi è ora delle “pulizie di primavera”. Ora di gettare via quello che non serve e ricominciare. Ora di rimboccarsi le maniche e rimettersi in gioco, anche quando è faticoso e ci spaventa. Si tratta di sapersi ri-orientare nella normalità, o, come direbbe Maui, si tratta di «vedere con la mente dove stai andando, sapere dove sei sapendo dove sei stato».

 

Dalla Rivista Sulla Via della Pace n° 63, articolo di Daphne Squarzoni
Studentessa in Studi storici e filologico-letterari
Rubrica Check point

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