Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. (Gv 15,10.12)
Pur riferendosi a dei comandamenti, in realtà Gesù proclama una sola regola, un solo precetto: “che vi amiate gli uni gli altri”. Non ci ha chiesto di amare lui, ma di amare gli altri. Come dicesse: non preoccuparti di amare me, ama gli altri… (il tuo coniuge, i tuoi parenti, i tuoi colleghi, i tuoi vicini).
È la grande verità. Il comando evangelico ci dice che l’amore fraterno è teologale, cioè che l’altro, il fratello, è Dio alla portata del nostro amore.
Nessuno può controllare l’amore che abbiamo per Dio, ma tutti possiamo verificare se ci amiamo al di là di quello che ci separa.
“Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20).
Dobbiamo avere i piedi per terra. Si fa presto a parlare di amore, di volersi bene, di fraternità, ma sappiamo che ogni giorno siamo in relazione con tante altre persone e queste relazioni sono segnate dalla tensione, dal conflitto, dalla rabbia, da divisioni, da preconcetti. Esiste il mio mondo, tutto è incentrato sull’io, sulle mie esigenze, sui miei desideri.
Anche non volendo, respiriamo questo clima e siamo contagiati da questo tipo di mentalità. Allora cosa fare? Ci è richiesta una conversione radicale del nostro modo di pensare, come dice san Paolo nella lettera ai Romani: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare …”. In pratica, significa eliminare il pretendere di avere ragione, di essere il metro di ogni comportamento, di accettare pettegolezzo e calunnia, di prestarsi a gelosia e invidia, di alzare barriere e muri, di giudicare tutto e tutti.
Solo così potremo essere “testimoni credibili”, come ci chiede Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium:
“una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa. Che tutti possano ammirare come vi prendete cura gli uni degli altri, come vi incoraggiate mutualmente e come vi accompagnate”. (EG 99)
Viviamo in tempi difficili, al di là della pandemia: regna la legge del mercato, del profitto, dell’immagine, dell’io; l’ego viene innalzato a valore supremo, tutto è basato sulla competizione. Sembra aver valore solo l’uomo forte, l’uomo-potere, l’uomo-immagine. Grazie ai social, siamo bombardati da informazioni e continuiamo a comunicare, tanto che quasi non sappiamo più distinguere l’importanza di una comunicazione da un’altra. In questo clima, dove sembra che i cuori siano anestetizzati, è importante prendere coscienza che è grazia e dono poter camminare assieme, in Comunità, in gruppo. E questo è già testimonianza.
Amatevi “come io ho amato voi”. (Gv 13,34). Lui ha amato fino alla croce. “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. (Mt 16,24)
La decisione di seguire Gesù, prima o poi, porta a camminare sul sentiero del Golgota: il Golgota è una tappa obbligata. Non si va il paradiso con l’ascensore.
Dalla Rivista Sulla Via della Pace n° 64, articolo di Paolo Maino
Teologo e fondatore dell’Associazione Via Pacis
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