Conosco una persona malata che per molti anni rifiutò le cure. Quando finì in ospedale molti le rinfacciavano che era là per colpa sua, perché non aveva voluto fare nulla per ricevere aiuto, e adesso pretendeva la massima attenzione di medici e infermieri. La sua reazione fu talmente violenta che venne dimessa e lasciata al suo destino.
Andai a trovarla e dovetti anch’io fare i conti con la voglia di giudicarla. Mi ricordai che in passato aveva conosciuto don Domenico Pincelli, uno dei fondatori di Via Pacis, morto nel 2003, così le chiesi: «Cosa ti direbbe don Domenico?» La risposta fu un pianto irrefrenabile. Dai frammenti di frase fra i singhiozzi, compresi che era soffocata dai sensi di colpa: la malattia che la devastava era conseguenza delle sue scelte di vita, e il rifiuto di curarsi era per lei una specie di “espiazione”.
Don Domenico aveva un carisma speciale per queste situazioni: l’accoglienza incondizionata, il rispetto per la sofferenza, la fiducia nell’azione amorevole di Dio per i suoi figli feriti avevano il potere di aprire i cuori e di sciogliere ogni durezza.
Può capitare anche a noi di vivere una situazione simile; a volte ci rendiamo conto che di alcune nostre malattie, infermità, incapacità, fallimenti, siamo noi i diretti responsabili (a volte sono responsabilità vere, altre volte presunte). Rabbia e scoraggiamento possono impedirci di lasciare che Dio si prenda cura di noi. Allora anche noi possiamo ricordare (cioè, “riportare nel cuore”) l’eredità che don Domenico ci ha lasciato, che ci rende strumenti di consolazione e di misericordia per noi stessi e per chi incontriamo.
M. L. Toller
Rubrica Testimonianze,
dal Blog Storie, incontri, parole sulla Via della Pace