Parlando di idoli, nel mondo di oggi c’è solo l’imbarazzo della scelta: il consumismo ci offre continuamente nuovi idoli da desiderare e ai quali dedicare la nostra vita e la nostra adorazione, riuscendo a farceli percepire come bisogni assoluti.
Ma qual è l’origine degli idoli? Come mai tutti dobbiamo fare i conti con il fascino che esercitano su di noi? E da dove proviene il loro fascino?
Nella Bibbia c’è un episodio molto famoso, nel libro dell’Esodo, che racconta la liberazione dall’Egitto del popolo d’Israele. Mentre la grande carovana sta attraversando il deserto, il loro capo, Mosè, sale sul monte Sinai dove Dio gli comunica la Sua legge, e vi rimane per quaranta giorni. Papa Francesco ne parla così: «Manca il punto di riferimento che era Mosè: il leader, il capo, la guida rassicurante, e ciò diventa insostenibile. Allora il popolo chiede un dio visibile – questo è il tranello nel quale cade il popolo – per potersi identificare e orientare. E dicono ad Aronne: “Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa!”. La natura umana, per sfuggire alla precarietà – la precarietà è il deserto – cerca una religione “fai-da-te”: se Dio non si fa vedere, ci facciamo un dio su misura».
La precarietà oggi assume nuove forme, ma si riassume comunque, ancora e sempre, nella realtà del nostro essere creature, limitate, finite, non in-finite. Questa esperienza del limite, del difetto, del non essere pieni e appagati, ci accompagna sempre e, se ci pensiamo bene, molte delle nostre energie le impegniamo per liberarcene. La nostra civiltà ha come meta il benessere, la qualità della vita, la realizzazione di sé stessi. Viviamo nella società del godimento. I vari idoli che occupano il nostro tempo e impegnano le nostre energie e risorse dovrebbero servire proprio a questo: farci star bene, farci sentire appagati, realizzati, potenti, capaci, ammirati…
Potremmo pensare che, in fondo, un idolo non ci salva, ma è innocuo. Ne siamo sicuri? Ascoltiamo ancora Papa Francesco: «Gli idoli esigono un culto, dei rituali; ad essi ci si prostra e si sacrifica tutto. In antichità si facevano sacrifici umani agli idoli, ma anche oggi: per la carriera si sacrificano i figli, trascurandoli o semplicemente non generandoli; la bellezza chiede sacrifici umani. (…) La fama chiede l’immolazione di sé stessi, della propria innocenza e autenticità. Gli idoli chiedono sangue. (…) Le strutture economiche sacrificano vite umane per utili maggiori. Pensiamo a tanta gente senza lavoro».
Uno solo è Dio, il Dio di Gesù, che ha versato il suo sangue per noi, per renderci liberi. Signore, donaci la libertà del discepolo!
Maria Luisa Toller
Rubrica Check point,
dal Blog Storie, incontri, parole sulla Via della Pace