La parola “vocazione” suscita sempre un certo sconcerto e disagio. Quante volte pensiamo alla vocazione come qualcosa di cui avere paura, qualcosa da temere e anche, possibilmente, da evitare. Nella testa di tanti, infatti, la parola “vocazione” è sinonimo di preti e suore…
Nella bellissima esortazione Christus vivit, scritta in particolare per i giovani, Papa Francesco ci sorprende: parla di vocazione senza parlare subito di veli, suore e preti, ma innanzitutto di famiglia e lavoro. Affronta questi due argomenti perché sono le più grandi preoccupazioni per un giovane. Parla poi soprattutto di vocazione come missione. Dice che tutti noi siamo su questa terra per uno scopo, ed è nostro compito capire quale sia questo scopo, quale sia la nostra missione. E per riuscire in questa missione, parla di «scoprirsi alla luce di Dio e far fiorire tutto il nostro essere»: a tutti sono stati dati dei talenti, tutti abbiamo dei doni che dobbiamo scoprire, per metterli al servizio degli altri e di Dio. Invita a capire dove vogliamo investire questi talenti, dove vogliamo investire il nostro tempo, le nostre azioni ed energie. «Non si tratta solo di fare delle cose, ma di farle con un significato, con un orientamento». La nostra vita raggiunge la sua pienezza quando si trasforma in offerta. Questo per il Papa è il significato di “trovare la propria vocazione”.
Allora, capire la propria vocazione non è capire il convento a cui sono destinata, ma capire qual è la rotta che voglio dare alla mia vita, qual è il senso che voglio dare alle mie azioni. Trovare la vocazione si traduce davvero in pienezza di vita, voglia di vivere, entusiasmo, desiderio di spendersi per gli altri e anche per Dio in quella cosa che mi piace, che mi realizza, che dà un senso ai miei giorni e uno scopo alla mia vita.
Martina Sartorelli