Durante il Meeting si è parlato anche della parabola del Buon Samaritano.
Ascoltando i vari interventi su questo argomento ho riflettuto su chi voglio essere.
I tre personaggi hanno tre atteggiamenti diversi: c’è quello che fa finta di non vedere l’uomo bisognoso perché, si sa, fingere di non vedere e andare avanti è la scelta più conveniente. Poi c’è quello che vede l’uomo sofferente, ma non ci dà nessuna importanza mettendo al primo posto i suoi impegni. E poi c’è il buon samaritano. Io voglio essere il buon samaritano: non voglio ignorare, far finta di non vedere o essere egoista.
Ho capito l’importanza di scegliere chi vogliamo essere e come vogliamo diventare. Abbiamo il dono della scelta e quindi io voglio scegliere di essere quel samaritano che fa questo atto d’amore.
Voglio fare questa scelta anche se è la più difficile, perché quel malcapitato picchiato dai briganti non è detto che sia un mio amico, può essere addirittura uno che non mi sia nemmeno simpatico.
Pensandoci, mi sono accorta che prendersi cura dell’altro non significa per forza farcela da soli, ma significa essere disposti anche a chiedere aiuto quando da soli non si riesce, proprio come ha fatto il nostro amico samaritano chiedendo aiuto al gestore della locanda. Durante il Meeting ho anche compreso che non possiamo pensare di cambiare o aiutare un mondo intero da soli. Da soli possiamo forse aiutare e prenderci cura di una persona alla volta…
(to be continued…)
Dalla Rivista Sulla Via della Pace n° 66, articolo di Anna Vivaldi