Conosco l’Associazione Via Pacis fin dalla fine degli anni Novanta, quando ancora si chiamava Shalom, ma solo qualche anno fa ho iniziato a frequentare gli incontri di preghiera con costanza e devo dire che mi sono sentito subito a casa. Fin dal primo incontro ho sperimentato un’accoglienza calda e familiare, ma non è per questo che chiedo di fare Alleanza, e nemmeno per la bellezza e la varietà dei carismi che vedo in Via Pacis.
Sentivo intimamente che questo era il mio posto, di essere chiamato all’Alleanza, ma non riuscivo a spiegarmelo a parole. Fino a quando, qualche tempo fa, durante un incontro di adorazione, stavo riflettendo su cosa volesse dire fare parte di Via Pacis e mi si è presentata alla mente un’immagine: una nave, con l’equipaggio che lavorava assieme per raggiungere la meta. C’era un capitano, il timoniere, i cartografi che studiavano le mappe, mozzi che pulivano il ponte, vedette sull’albero più alto, il cuoco in cambusa… ognuno con il proprio ruolo, ma ognuno pronto ad assumere il ruolo di un altro in base alle necessità ed ognuno pronto ad aiutare l’altro. Inizialmente c’era il sole, ma poi il tempo è cambiato, il cielo è diventato scuro, il vento si è alzato e le onde si sono fatte forti ed è iniziata la tempesta. Ma anche in questa situazione, a parte qualche spruzzo d’acqua e qualche fatica in più, la vita sulla nave non cambiava, lavorando assieme e con il sorriso le difficoltà venivano superate ed il viaggio verso la meta comune continuava.
Ecco, è per questo che voglio fare Alleanza: per partecipare a questo viaggio, per imparare da chi ha più esperienza di me, per condividere con chi ne ha meno e per lavorare assieme ai miei fratelli per il Regno di Dio.
R.