Fraternità latina

In una terra, quella colombiana, ancora segnata da una grande povertà, la vita appare più forte del male, della violenza, dell’indifferenza. In una società orfana di padri, dove le donne sono chiamate a maturare anzitempo per farsi carico dei figli, dei nipoti e degli anziani, si avverte fortissima l’assenza della figura maschile, spesso vittima di dipendenze e non sempre capace di assumersi la responsabilità della paternità.

Nelle baraccopoli, che prendono sempre più piede nelle grandi città, sembra impossibile che la vita possa continuare, che si possano continuare a fare figli, che la voglia di andare avanti possa vincere sulla disperazione.

La fraternità sembra rappresentare l’ossatura incredibile di questa realtà, che crede fermamente nell’importanza delle relazioni, che ha fatto dei legami la sua unica ricchezza. È così che Martin, un bambino di 6 anni, paraplegico, che vive con la nonna e due prozie, può sfoggiare un sorriso invidiabile e una voglia di vivere sorprendente mentre si trascina sul pavimento di casa.

Ed è così che un’anziana, consumata dalla malattia, prigioniera del proprio letto, assistita da familiari e amici, può decidere di dare la sua vita per una causa in cui crede, insegnandoci che anche chi, per la società, non sembra avere più nulla, può dare tutto.

Quando c’è la fraternità, la povertà non toglie la dignità, perché la fraternità ci ricorda che siamo figli di uno stesso Padre, che siamo membra di uno stesso corpo, dove anche le sofferenze trovano un senso, dove perfino le piaghe possono diventare strumento di guarigione: dall’indifferenza, dall’esclusione, dallo scarto.

 

R. Zanon

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