«La speranza non delude» (Rm 5,5) e ci rende forti nella tribolazione è il tema della Giornata Mondiale del malato 2025, che si celebra l’11 febbraio. Per l’Associazione Via Pacis, che ricorda quest’anno il centenario della nascita di uno dei suoi fondatori, don Domenico Pincelli, è l’occasione per riportare nel cuore la testimonianza di questo sacerdote che, colpito giovanissimo dalla tubercolosi, appena iniziato il suo ministero, seppe trasformare i lunghi anni di sanatorio in opportunità di bene, l’oscurità della malattia in luce per quanti lo hanno incontrato. Dopo la sua morte, nel 2003, la sua vicinanza ai malati continua a manifestarsi attraverso il dono della speranza.
Conosco una donna che per molti anni rifiutò le cure. Quando finì in ospedale molti le rinfacciavano che era là per colpa sua, perché non aveva voluto fare nulla per ricevere aiuto, e adesso pretendeva la massima attenzione del personale sanitario. La sua reazione fu talmente violenta che venne dimessa e lasciata al suo destino. Andai a trovarla e dovetti anch’io fare i conti con la voglia di giudicarla. Mi ricordai che in passato aveva conosciuto don Domenico, così le chiesi: «Cosa ti direbbe don Domenico?» La risposta fu un pianto irrefrenabile. Dai frammenti di frase fra i singhiozzi, compresi che era soffocata dai sensi di colpa: la malattia che la devastava era conseguenza delle sue scelte di vita, e il rifiuto di curarsi era per lei una specie di “espiazione”.
Don Domenico aveva un carisma speciale per queste situazioni: l’accoglienza incondizionata, il rispetto per la sofferenza, la fiducia nell’azione amorevole di Dio per i suoi figli feriti avevano il potere di aprire i cuori e di sciogliere ogni durezza. Il suo ricordo può insegnare anche a noi l’arte di “prenderci cura” e di saper riconoscere le luci «che, pur nel buio della prova, non solo danno forza, ma insegnano il gusto vero della vita, nell’amore e nella prossimità» (Papa Francesco).
Maria Luisa Toller