Gloria di Dio, montagna di luce

«Date al Signore, figli di Dio, date al Signore gloria e potenza. Date al Signore la gloria del suo nome, prostratevi al Signore nel suo atrio santo» (Sal 29,1-2)

Queste parole sono l’inizio del Salmo 29, che è un inno a Dio e un invito ad ascoltare la Sua voce e a lodarlo, a dargli gloria. Per tre volte (ricordiamo che tre è il numero della pienezza) c’è l’invito o, meglio, l’imperativo di lodare: «Date al Signore».

Il verbo “dare”, nella tradizione ebraica, stimola la volontà. Non è un movimento emozionale; io decido di dare gloria al Signore, di lodare il Signore.

Nel modo di parlare corrente, dare gloria a una persona significa dare valore, dare importanza. Per la spiritualità ebraica, invece, dare gloria significa rivolgersi alla realtà stessa di Dio.

Quando il salmista invita a dare gloria al Signore, vuol dire che noi siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio; che noi esistiamo per riconoscere Dio, per far vedere com’è Dio.

C’è una cosa curiosa: in ebraico il termine “gloria”, si esprime con la parola “cabod”.  Questa parola vuol dire sia peso, importanza, consistenza, sia splendore, luce.

Cabod veicola l’idea di una montagna di pietra, come le Dolomiti, e, allo stesso tempo, ha il significato di luce del cielo… quindi, si potrebbe dire: una montagna di luce.

I salmisti quando scrivono: «Il Signore è mia luce, il Signore è mia roccia, mia fortezza, mia rupe…» cercano di dare gloria a Dio. Se anche noi usiamo queste stesse parole, diamo gloria a Dio, lo lodiamo perché esiste ed è così, questa è la dichiarazione d’amore più grande che possiamo fare a Dio.

Quante parole inutili escono dalla nostra bocca! E se provassimo a cambiare?

Allora, quando sei preoccupato, quando hai paura, quando vorresti dire un altro tipo di parola, prova a sostituirla con: Gloria al Padre al Figlio e allo Spirito Santo! Riconosci la gloria di Dio, quella a cui aggrapparsi durante le tempeste della vita.

 

Gregorio Vivaldelli

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