Era nato da poco il mio ultimo figlio e io avevo l’abitudine di alzarmi sempre molto presto, per sbrigare qualche lavoro e per stirare.
Incoraggiata dalla Comunità, cominciai a sostituire le faccende e lo stirare per dedicare tempo alle Lodi e alla meditazione della Parola, chiedendo l’aiuto allo Spirito Santo. A pensarci bene, la cosa veramente nuova era il chiedere l’aiuto allo Spirito Santo, che per me era quasi uno sconosciuto. Non sempre capivo, qualche volta restavo perplessa, qualche volta mi sembrava che il Signore non fosse proprio giusto. Devo dire che tante cose le ho capite molto tempo dopo, magari leggendo proprio lo stesso brano. E questo mi ha fatto riflettere: i tempi del Signore non sono davvero i nostri tempi, ma la Parola produce sempre frutto. Come si legge nel profeta Isaia:
“Così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza aver operato ciò che io desidero, senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”.
A volte, accadeva che, leggendo un brano del Vangelo, o una lettura, o un salmo, mi sentissi inquieta; altre volte, invece, mi sentivo consolata, sostenuta e amata. Di certo è che la Parola è stata davvero una “lampada ai miei passi”, che mi è venuta in aiuto in momenti difficili, di confusione e anche di sofferenza. Qualche volta, era come quando si prende una pila per cercare negli angoli bui. Mi faceva vedere tanti miei errori e capire comportamenti sbagliati che non volevo ammettere. Ma proprio nella Parola e in chi mi stava vicino per aiutarmi trovavo coraggio e consolazione.
Come ho detto, non sempre capivo, ma la spiegazione arrivava dai fratelli di comunità, o magari ascoltando un’omelia. La cosa importante è che scoprivo un Dio vicino, che parla ai suoi figli, che non li lascia soli.
Qualche brano del Vangelo lo capivo a modo mio. Ricordo, ad esempio, il passo di Matteo 7,17: “Ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi”.
Questa frase mi lasciava perplessa, non mi convinceva. Anzi, dentro di me la contestavo. Avevo l’idea che ciascuno di noi fosse un albero e che i frutti fossero i figli, e mi dicevo: ma come, ci sono ottime famiglie, che magari hanno figli problematici, e viceversa…
Un’estate ero al mare, un piccolo prete celebrava la Messa domenicale. Legge il Vangelo: “…Ogni albero buono…”. Subito nella mia testa penso le solite cose. E il prete comincia l’omelia dicendo:
“Guardate che i frutti buoni e cattivi non sono i figli. Vorrebbe dire che chi non ha figli non fa frutti. No, i frutti buoni sono il perdono, la benevolenza, la pazienza, l’accoglienza. Questi sono i frutti buoni che il Signore viene a cercare sul nostro albero”.
Non ricordo altro della predica, so solo che al termine della Messa sono andata a ringraziare il sacerdote. Questa spiegazione mi ha dato tanta pace e mi ha aiutato molto. Non sempre i figli sono come vorremmo, possono deluderci e farci anche soffrire. Ma il ricordo di questo Vangelo mi ha sostenuta ad uscire dai sensi di colpa e a chiedere a Dio che mi aiutasse, proprio quando ce n’era più bisogno, a produrre frutti di perdono e di accoglienza. E ringrazio Dio per un frutto che non è mai mancato: la fedeltà alla Parola.
Dalla Rivista Sulla Via della Pace n°62, articolo di Giuliana Condini
Rubrica Quanto amo la Tua Parola