Il nostro corpo è indissolubilmente legato al tempo della nostra vita. Il corpo dell’uomo e della donna – Leib in tedesco – è corpo vissuto, corpo sentito, che dà sfondo e tessuto unitario alla nostra esistenza. È nel nostro corpo che si gioca la nostra vita, si manifestano i nostri sentimenti, si intrecciano relazioni, si generano nuove esistenze. Corpo non riducibile solo ad organismo, a funzione, e tuttavia sempre caratterizzato da una natura che viene prima di noi. In questa ambivalenza di manifestazione soggettiva e di funzionalità organica oggettiva, misurabile e descrivibile, si manifesta in mille modi una eccedenza, una trascendenza, che la tradizione filosofica e teologica ha denominato come anima e spirito.
Le stesse parole dicono di una realtà effettiva, ma che sfugge a una precisa ed esauriente determinazione. Anima viene da anèmos, vento: spirito, soffio vitale, respiro, uno sguardo d’infinito che chiede di essere riconosciuto proprio nella sua corporeità. Viene in mente un pensiero di Levinas: il volto precede l’anima. Senza il precedente imbattersi nella concretezza del volto (che è sempre volto d’altri), non è possibile, successivamente, pensare la spiritualità dell’anima. È l’esperienza del salmista nella sua ricerca di Dio: il tuo volto, Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto (Sal 27,8); è lo sguardo di Gesù: Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò (Mc 10,21). Si può dire dell’anima come di quella traccia d’infinito che qualifica strutturalmente il nostro corpo.
Viene a tema, a questo proposito, il sentimento del pudore, e ricordo le parole di Mounier: nel pudore è come si gridasse: il mio corpo è più del mio corpo! Il pudore dice chiaramente che il corpo ha dei confini che a nessuno è permesso violare; il corpo, ricordava Paul Beauchamp, è per la rivelazione, non per l’esibizione, tanto meno per il possesso.
Il nostro corpo è la condizione per vivere le nostre relazioni. Ad uno sguardo che nasce dalla fede in Dio Creatore, nel nostro corpo troviamo una promessa di vita. Nel nostro corpo siamo stati voluti e accolti, portati in braccio e guidati a entrare nel mondo, esperienza di accoglienza e dedizione che a nostra volta siamo chiamati a fare nostra. Nel nostro corpo, infine, appare una determinazione fondamentale dell’umano che ci unisce tutti: essere figli, essere nati da donna, come ricorda Paolo a proposito di Gesù (Gal 4,4).
Romolo Rossini