Il sogno e l’olivo

Forse, pensando al sogno, ci viene in mente il sonno o qualche scena di principesse in un cartone Disney. Ma no. Il sogno non è necessariamente misterioso o romantico. A volte è battagliero, visionario, profetico…

Martin Luther King: «I have a dream», 28 agosto 1963. «Io ho un sogno… con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza». C’è una fede, una fiducia nella vita da attivare.

In Italia, a fine guerra, c’erano solo lutti e macerie, eppure, metter su famiglia, avere figli, nipoti, un buon lavoro… è stato il sogno di molti uomini e donne ed è stato il motore del boom economico e culturale italiano degli anni ’50-’60.

Noi abbiamo ancora sogni o questo è un tempo troppo brutto per sognare?

Vorrei appoggiarmi alla Bibbia. Gli ebrei – 600 anni prima di Cristo, circa – vengono scacciati dalla loro terra e portati in esilio: un sogno svanito. Eppure, lì, piantano alberi. Perché anche in terra straniera c’è Dio, anche lì c’è la vita e la gioia. È bello piantare un albero anche sapendo che tu non lo vedrai fiorire, piantare un olivo quando ti nasce un figlio.

Ma i sogni vanno accompagnati. L’albero dell’olivo è verde e fecondo nonostante il caldo e la siccità. La sua vita è di gran lunga più lunga di quella umana. Non sorprende che l’olivo, resistente fino all’estremo e generoso, con il suo frutto e il suo olio dalle virtù curative, sia stato designato come l’albero della vita e l’albero della luce, l’albero che si nutre della luce del sole e la restituisce alimentando la fiamma delle lampade, rischiarando la notte.

I beni che Dio concede chiedono il miracolo della condivisione. E anche qui l’olivo ha un ruolo esemplare. La Bibbia assicura ai più poveri il diritto di spigolare (raccogliendo da terra) e di racimolare (raccogliendo dall’albero) dopo il raccolto. La natura è molto generosa ed è impossibile raccogliere tutto il frutto al primo passaggio. La Torah prescrive però che il proprietario non faccia un secondo passaggio, affinché il campo sia aperto ai più poveri: «Quando scuoterai i tuoi olivi, non tornerai a fare la raccolta; ciò che resta sarà per l’emigrante, l’orfano e la vedova […]. Ricorderai che nel paese d’Egitto eri schiavo; perciò ti ordino di mettere in pratica questa parola» (Dt 24,20.22). Non sorprende che attraverso l’olio vengano dati i sacramenti cristiani. Il vescovo Cirillo di Gerusalemme (quarto secolo) considerava il battesimo una partecipazione «ai frutti dell’olivo fecondo che è Gesù Cristo, il bell’olivo».

Anche il nostro battesimo e matrimonio sono così: siamo ancora generosi come l’olivo?

I sogni vanno anche riparati e curati. Dice Giobbe: «è vero, per l’albero (di olivo) c’è speranza: se viene tagliato, ancora si rinnova, e i suoi germogli non cessano di crescere; se sotto terra invecchia la sua radice e al suolo muore il suo tronco, al sentire l’acqua, rifiorisce e mette rami come giovane pianta» (Gb 14,7-9). Quando incontriamo difficoltà e drammi, delusioni e ferite, sappiamo che l’olivo che siamo noi si può abbeverare, concimare, zappare intorno per non farlo soffocare, ripulirlo dalle parti marce, potare?

O siamo stati travolti dagli eventi e abbiamo perso la speranza?

La buona notizia è che si può ripartire sempre. In noi scorre la linfa vitale di Cristo.

 

T. Civettini
Rubrica Check point
dal Blog Storie, incontri, parole sulla Via della Pace

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