“Un’altra spiritualità. Conoscere per andare oltre” è la tematica che ha riunito un pubblico numeroso presso il Centro Internazionale Via Pacis ad Arco (TN) il 24 ottobre, in uno degli incontri promossi dall’Arcidiocesi con il mondo dei missionari trentini in Africa all’interno dell’iniziativa “Il Trentino chiama L’Africa” per l’Ottobre missionario.
Il diacono prof. Tiziano Civettini, che moderava il dibattito, ha contestualizzato il tema sottolineando che la parola “spiritualità” viene oggi spesso associata, in Europa, alle esperienze più disparate: la ricerca del benessere psicofisico, la ricerca di armonia con se stessi e con la natura. A volte si parla di spiritualità senza Dio. Anche dentro lo stesso cristianesimo ci sono sensibilità spirituali diverse, e incontrare culture altre ci spinge a conoscere spiritualità altre. Cosa ci dicono?
Padre François Kangalo viene dal Congo-Kinshasa, è cappellano presso l’Ospedale di Arco e da anni opera nell’ambito della cura, della malattia e della morte. Ci dice innanzitutto che l’uomo e la donna africani non possono parlare di ‘fine vita’, perché la vita non finisce, ma continua a fluire dagli antenati – chiamati santi e che vengono invocati sempre all’inizio della Messa – per ogni generazione successiva. Spesso, inoltre, la malattia e la morte devono poter essere addebitate a qualcuno: a una maledizione, a un castigo ecc. anziché attribuirle a cause scientificamente riscontrabili. Racconta poi la sua angoscia nel periodo del lockdown, quando non si potevano toccare e avvicinare i malati, in contrasto con la sua indole africana, dove tutto e tutti sono collegati e in relazione.
Padre Donato Benedetti è un missionario comboniano italiano, con una lunga esperienza in vari paesi africani. Ribadisce che il valore più grande per un africano è la vita, quindi l’importanza dei figli, ma non solo, poiché nella loro spiritualità ogni cosa è viva. Per questo la morte è accompagnata anche da riti che permettono alla comunità di accompagnare i defunti alla loro nuova forma di vita. Molto importanti sono i riti “vudù” (ben diversi dalla spettacolarizzazione macabra che conosciamo): l’africano non si azzarda a pregare e invocare direttamente Dio; ha bisogno di mediatori. È in questo contesto che vanno compresi riti di questo tipo, che sono allo stesso tempo sociali e religiosi.
Suor Faustine Miyambi è una giovane suora congolese. Racconta con entusiasmo che a soli 7 anni, vedendo passare per strada una suora, ha deciso: io sarò come quella suora. Consapevole che nella sua cultura l’essere donna ha valore perché genera figli, ha vissuto la sua scelta di celibato con la gioia della maternità spirituale, portando avanti la scelta anche quando persone a lei vicine non capivano. Questa gioia è anche caratteristica di ogni liturgia in Africa, che spesso manca nel mondo occidentale, condivide la suora. Una gioia della fede di cui soprattutto le donne sono protagoniste.
Infine, il dott. Ruggero Zanon, Presidente di Via Pacis, racconta la sua esperienza nelle comunità Via Pacis africane visitate di recente, dove l’annuncio del perdono, della riconciliazione e della pacificazione ha riscontrato un interesse vivissimo nelle persone incontrate: famiglie, giovani, anziani, e anche nel carcere di Nairobi e nelle periferie più povere di Kampala.
La serata lascia una certezza nei cuori dei presenti: che è davvero importante conoscere per andare oltre, oltre le nostre anguste frontiere culturali e spirituali, per scoprire la ricchezza che l’Africa offre.
Un grazie al Centro Missionario Diocesano, nella persona di don Mauro Leonardelli, per aver invitato i tanti missionari trentini a tornare a casa per l’ottobre missionario con un obiettivo preciso: condividere, testimoniare, aprire gli occhi sulle tante altre realtà a noi spesso sconosciute, allargare gli orizzonti e i cuori.
di Tiziano Civettini