Pro-vocazioni di un adolescente
Incrocio molto spesso gli occhi di adolescenti, carichi di interrogativi, che ricercano nell’adulto autorevole risposte su questioni di vita e di senso. L’adolescenza è la fase dell’informe che cerca la forma, del marasma che cerca ordine, dell’incontro tra il rinnegamento dell’infanzia e il bisogno di individuazione.
“Ma, quindi, Elisa, che si fa ora?” mi chiede il nostro Giacomo aggrottando la fronte, con l’aria di chi ha negli occhi la dis-speranza.
“Cioè, mi spiego meglio: se io, allo stesso tempo, sono e non sono, come faccio a capire la mia direzione? La bussola è impazzita, vorrei seguire immediatamente il mio Nord, ma la lancetta continua a girare su sé stessa!”
“Così mi sono convinto che gli adolescenti non hanno domande, sono domande”
scrive Alessandro D’Avenia nel suo libro dal titolo “L’arte di essere fragili”. Ed è proprio così. Mi affascinano gli adolescenti perché possiedono un’energia e una carica tale da smuovere gli impietriti cuori adulti. Ci interrogano, mettono in discussione le nostre deboli certezze, abbattono barriere facendo emergere le nostre fragilità talora iper-compensate, talora evitate.
Ripenso, in questo momento, a tutti i genitori che si rivolgono a me, speranzosi, affinché io “aggiusti” ciò che non va nei loro figli, qualche meccanismo malfunzionante che, talvolta, rimanda loro il pensiero di non essere stati genitori “sufficientemente buoni”. La verità è che l’adolescenza è, per definizione, l’età del nutrimento e del divenire ed è, quindi, tappa obbligata quella di pro-vocare (dal lat. provocare, “chiamare fuori”) chi più si ama, perché sia resa un po’ più semplice la faticosa ricerca del Sé.
Tornando alla domanda del nostro Giacomo: “Ma quindi, Elisa, che si fa ora?”. Non possiamo farci niente, al momento, Giacomo. O, meglio, possiamo quotidianamente interrogarci come stai facendo tu, con la consapevolezza che la ricerca del Nord è una missione passo a passo che si intreccia all’arte della pazienza e della perseveranza, generatrici di speranza. Eh sì, Giacomo, è proprio un bel casino, tutti noi avremmo bisogno di un bel colpo di bacchetta magica che sveli per chi e per cosa siamo chiamati a vivere, ma fintanto che esistono domande siamo in movimento ed è questo ciò che conta: interrogarsi, andare avanti e, soprattutto, non stare soli.
Ed io adulto, genitore o no, sono disposto a nutrire la mente adolescente facendo, prima di tutto, verità sulla mia vita? Chi sono chiamato ad essere? Per chi? In che modo? Perché, riprendendo in prestito le parole di Alessandro D’Avenia, “provoca vocazioni solo chi ha trovato e vive la propria.”
Dalla Rivista Sulla Via della Pace n° 66, articolo di Elisa Casarini
Psicologa clinica dell’età evolutiva
Rubrica Presenti al presente