Oltre la paura

«Aprite le porte a Cristo!» è il grido di Papa Giovanni Paolo Il all’inizio del suo pontificato, nel lontano 1978. Erano tempi difficili, e c’erano molti problemi da risolvere, ma il futuro appariva promettente e molte nuvole sembravano dissolversi. Oggi, queste parole suonano in modo assai diverso, perché ci troviamo immersi in un contesto globale di paura e molti uomini e donne nel mondo sentono che non ci sarà più alcun futuro. La paura — ci dicono gli studiosi della psiche umana — è un’emozione primaria, una difesa di fronte al pericolo (reale o immaginario); contro di essa non possiamo fare niente, e non ne siamo responsabili. La paura però può spingerci a prendere decisioni sbagliate.

Eppure, come tutte le emozioni, può solo condizionarci, non obbligarci. Siamo quindi responsabili di come rispondiamo ad essa, di cosa ne facciamo. Se diventa la guida della nostra vita, la ragione delle nostre scelte, o non scelte, allora ne diventiamo schiavi. Se la lasciamo comandare in noi, cresce esponenzialmente e diventa un veleno, che lavora sull’immaginazione e non ha bisogno di fatti per manifestarsi. Zygmunt Bauman, interprete attento del nostro tempo, parla del “demone della paura”, che si aggira nella nostra società. A livello sociale la paura ha il volto della criminalità di quartiere, della guerra e della bomba atomica, della crisi climatica, dei disperati che approdano sulle nostre coste. La paura ci rende sospettosi e aggressivi, ci fa chiudere le porte di casa e le frontiere, o ci spinge a procurarci armi di difesa, tutto ci appare come “nemico”.

Non c’è proprio via di scampo? Pur avendo anch’io paura, posso cercare di non obbedirle?

Coraggio, questo non è il momento di chiudere, ma di aprire le porte! I poveri, le persone semplici che incontriamo nel mondo ci insegnano che possiamo vincere la paura con la carità, con la solidarietà. Lavorando insieme e condividendo ciò che abbiamo, possiamo costruire il futuro. Possiamo vincere la tristezza con la gioia del canto e della danza, che sanno creare unità al di là delle diverse lingue e delle diverse idee. La gioia, poi, è contagiosa, aiuta a stare insieme e a rinvigorire il coraggio.

È il momento di aprire le porte al perdono e alla riconciliazione, per godere di una nuova stagione di libertà. Non possiamo risolvere le tragedie e le malattie del mondo, ma possiamo contribuire a creare una civiltà della porta aperta. Siamo troppo preoccupati di noi stessi, del nostro tempo, delle nostre cose, delle nostre abitudini, delle nostre idee. Ma il mondo ha urgente bisogno di noi, delle nostre energie, della nostra riconciliazione, del nostro tempo, del nostro affetto. Senza l’amarezza del risentimento e del rimpianto e senza il veleno della paura.

Ho scoperto che posso cominciare a disintossicarmi da questo veleno facendo posto alla gratitudine. Se giro un poco lo sguardo verso i doni di Dio, come posso non ringraziare? E se mi lascio stupire da tanto bene, come posso non aprirmi al coraggio e alla speranza?

 

Tiziano Civettini

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