La frase proclamata da Gesù sulla montagna, «beati gli operatori di pace, saranno chiamati figli di Dio» è per noi.
Questa beatitudine, questa felicità è dono di Dio e collaborazione personale. Come comunità, fraternità, associazione siamo felici/beati nel vivere la nostra chiamata, e questa chiamata non è troppo in alto per noi, né troppo lontana da noi. Non è in cielo, non è al di là del mare. Questa chiamata è molto vicina a noi, è nella nostra bocca e nel nostro cuore, perché possiamo metterla in pratica, e mettendola in pratica, essere felici, essere beati.
Essere operatori di pace, per noi, significa portare ossigeno nello smog del mondo, portare pace dove viviamo, portare pacificazione dove c’è guerra.
Per noi vuol dire rivestirci della tenerezza di Gesù per portare pace, riconciliazione e pacificazione in noi e fuori di noi.
Vuol dire non accettare come inevitabile nessuna guerra nei nostri confini personali, nessuna guerra tra di noi, nessuna guerra nelle nostre famiglie, tra i nostri parenti ed amici.
Vuol dire essere consapevoli dei nostri errori, sbagli, peccati, chiedere perdono a Dio e ai fratelli, accogliere il perdono e con questo perdono perdonare noi stessi e gli altri.
Vuol dire scegliere sempre, e ad ogni costo, il perdono verso sé e verso gli altri, sapendo che il perdono sconfigge il male… sempre!
di Eliana Aloisi