La nostra preghiera è risposta ad un Dio che ci ama, che ci viene a cercare, che ci chiama. Lui è quel Dio che passeggia nel giardino dell’Eden e chiama Adamo: «Adamo, dove sei?» (Gen 3,9). È lo stesso Dio che cerca ciascuno di noi nel “giardino” della nostra quotidianità e chiede anche a me: Dove sei? Dove ti sei nascosto? Lui ci chiama perché vuole attirarci a sé.
La preghiera è rispondere a questa chiamata, è relazione personale con Dio. Pregare è riconoscere, e dire a Dio con umiltà: «Sono una creatura, non sono autosufficiente, ho bisogno di te». Pregare è aprire il proprio cuore a Dio, raccontandogli le preoccupazioni, le paure, le speranze; è chiedere perdono, imparare a lodarlo, ringraziarlo in modo spontaneo, o attraverso le formule che riceviamo dalla tradizione del cristianesimo.
ln questa dimensione di dialogo non dobbiamo però dimenticarci che pregare è anche ascoltare. Funziona proprio come nelle nostre relazioni: c’è un tempo in cui parlo e un tempo in cui ascolto. È solamente facendo questo esercizio che cresco nella conoscenza, nella confidenza e nella fiducia. Ascoltare non è facile perché siamo sempre di corsa, sempre presi da un sacco di cose. L’ascolto va imparato nell’esercizio quotidiano del fermarsi e fare silenzio; un po’ alla volta, giorno dopo giorno.
Uno dei fondatori di Via Pacis, don Domenico Pincelli, uomo di preghiera, mi diceva: «Come può un sacco vuoto stare in piedi? Come il corpo ha bisogno di cibo, così anche la nostra anima ha bisogno di essere nutrita. La persona nel suo insieme è formata da tre aspetti: corpo, mente e spirito. Se vuoi diventare una persona equilibrata, stabile, armoniosa, devi prenderti cura di tutti questi tre aspetti attraverso un giusto nutrimento: cibo per il corpo, istruzione e studio per la mente, preghiera per lo spirito». E continuava: «Prova ad immaginare un carro con tre ruote. Se le ruote hanno la stessa circonferenza, il suo andare sarà sicuro, veloce, senza troppi scossoni, ma se le ruote sono di grandezze diverse, allora il suo procedere sarà rallentato, difficoltoso, faticoso».
E quando gli confidavo la mia difficoltà nel trovare tempo per pregare, mi rispondeva: «Se tu, tre volte al giorno, dovessi prendere una medicina salvavita, troveresti il tempo; saresti disposta a svegliarti anche durante la notte».
di Sonia Armellini