Vino nuovo

Si parla molto, di questi tempi, di cambiamento. Ma spesso ci si domanda: è giusto cambiare? È necessario cambiare? Perché complicarci le cose?

Per accoglierne il senso, occorre prima comprendere che la vita è complessità. Evitare questa fatica ci sembra una buona cosa; in realtà è pericoloso e fuorviante. Un interprete autorevole del nostro tempo osserva a questo proposito che

un’idea semplice, ma falsa, avrà sempre più peso nel mondo di un’idea vera, ma complessa”.

Le conseguenze le possiamo constatare, quotidianamente, nel fascino che esercitano su molti le fake news e nei danni che provocano.

La realtà è per sua natura complessa. Per questo è da decifrare o, meglio, da discernere. Gesù dice anche a noi (Lc 21,29):

“Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina”.

Ci sono dei segni che, se non trovano in noi rifiuto ma accoglienza, annunciano il cambiamento in atto come tempo di grazia.

Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, ha offerto una interpretazione globale di questo tempo: tutto il mondo, compresa la Chiesa (noi possiamo aggiungere: compresa Via Pacis), vive un cambiamento d’epoca, non un’epoca di cambiamento. Non è un gioco di parole, è qualcosa di concreto, che ci ha preso alla sprovvista e che la pandemia non ha provocato, ma solo svelato. Per comprendere bene i termini, potrei fare l’esempio del bambino che cresce e a cui non vanno più bene le braghe: questa è una normale epoca di cambiamento. Invece, la famiglia che vive la nascita del primo figlio o una malattia grave di un suo membro e che deve rivoluzionare le sue precedenti abitudini sta vivendo un cambiamento d’epoca.

L’esempio serve anche a comprendere che il cambiamento non lo possiamo guardare come se ne fossimo solo spettatori: ci siamo dentro, implicati, coinvolti e talvolta travolti tutti insieme. Tramontano i miti, le idee, e viviamo dal di dentro il disorientamento. Questo ci induce a resistere al cambiamento, anche se viene dallo Spirito Santo, perché lo Spirito sorprende, scompiglia, è sferzante ed aspro come il vino nuovo. È tempo invece di aprire mente e cuore, per non rischiare di avvizzire, arroccati ai vecchi tempi, consolandoci con il detto riportato anche nel Vangelo: “il vino vecchio è migliore! (Lc 5,39).

Il cambiamento d’epoca – sia ben chiaro – ci sarà anche se non lo vogliamo, quindi, sta a noi decidere se subirlo oppure ospitarlo. Certamente, proviamo incertezza e paura per ciò che non conosciamo e che non è sotto il nostro controllo, ma il cammino cristiano, la via della pace, non è proprio il superamento di questi timori, spinti dallo Spirito Santo?

Tutto il pianeta sta attraversando una evidente crisi (da krino: scelgo, giudico): come va interpretata? È la fine del mondo? Oppure è un tempo opportuno (kairòs), in cui vengono a cadere le cose superflue ed emergono con maggiore evidenza quelle essenziali, i filoni d’oro del Vangelo?

“… capite voi stessi, guardando i germogli, che ormai l’estate è vicina!”.

Ci è promesso il bene, non il male. È tempo di mettersi al lavoro, rigettando ciò che ha ferito le relazioni fraterne, ciò che ha incrinato la fiducia tra noi e perfino in Dio, rivestendoci di coraggio nel percorrere le vie nuove che si vanno aprendo. Camminiamo insieme alla Chiesa universale verso il Giubileo del 2025, a cui Papa Francesco ha dato come motto “Pellegrini di Speranza”.

 

Dalla Rivista Sulla Via della Pace n° 66, articolo di Tiziano Civettini
Sociologo, teologo e vicepresidente dell’Associazione Via Pacis
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