“Un ragazzino sui 10 anni, un giorno è arrivato da noi a piedi da un villaggio che dista circa 78 km da noi. Era partito quattro giorni prima insieme alla mamma che era incinta e stava per partorire. Essendo più veloce, è corso davanti a lei per arrivare prima e avvertirci di andare ad aiutare la mamma. Abbiamo cercato di raggiungere la donna prendendo la macchina, 2-3 infermieri e tutto l’occorrente per affrontare la pista che è piuttosto brutta, dentro la foresta. Era il periodo delle piogge, ma abbiamo con forza deciso di affrontare anche quella sfida.
Abbiamo trovato la donna a circa 40 km dalla missione. Aveva già partorito con l’aiuto di sua mamma che l’aveva accompagnata. Era nata una bambina di poco più di un chilogrammo e l’avevano avvolta in un panno tutto sporco. La donna, purtroppo, stava morendo a causa di un’emorragia. Avevamo portato delle medicine, ma non sono servite e, alla fine, non ce l’ha fatta. La bimba bisognava portarla al Centro ma prima dovevamo andare al suo villaggio per portare il corpo della mamma. Non so come succedono le cose in foresta – probabilmente il tam-tam è più veloce di un telefono – perché già sapevano che la donna era morta e che stavamo andando al villaggio per portare il corpo. Arrivati al villaggio, le persone avevano già preparato due scorze d’albero e hanno adagiato il corpo sopra di esse.
Noi siamo ripartiti per tornare a Sembé, ma prima di arrivare al punto in cui avevamo raccolto la donna, ecco che qualcuno ci ferma per strada e ci comunica di andare a prendere un uomo che, all’interno della foresta, era stato morso da un serpente. Dicono che è vicino, ma i Pigmei non si spiegano bene e con un “è là” pensano che noi capiamo. Sappiamo però che un “è là” per loro significa “vicino”, ossia, 30-40 minuti di cammino a piedi in mezzo alla foresta. Abbiamo camminato per quel tempo e siamo riusciti a trovare l’uomo. Lo abbiamo raccolto, ma intanto il tempo passava e ci siamo accorti che stava arrivando un temporale. I temporali in foresta sono molto pericolosi perché il vento, facilmente, sradica gli alberi e ci sono brutte conseguenze. Abbiamo fatto la strada al contrario, siamo riusciti a raggiungere la macchina e siamo ripartiti con l’uomo a bordo.
Avremmo percorso circa una decina di chilometri, era ormai quasi buio, ed ecco che ci fermano di nuovo. In quel momento ho chiesto al Signore che smettesse di farci arrivare le persone: la macchina era piena, avevamo una neonata e un uomo da portare velocemente in ospedale! Abbiamo ascoltato cosa diceva la persona che ci aveva fermato: una donna stava male. Aveva la pancia molto grossa, ma non era incinta, e non sapevano né cosa avesse, né cosa fare per curarla. Era ormai buio, abbiamo preso una lampada e abbiamo camminato un’altra mezz’ora per arrivare alla sua capanna e finalmente abbiamo trovato la donna. Era stesa a terra con questa pancia molto gonfia. Abbiamo capito che si trattava di un’occlusione intestinale e stava per morire. Sul posto non potevamo fare assolutamente nulla, dovevamo portarla al Centro. E il tempo passava e il temporale si avvicinava. Siamo riusciti ad arrivare alla macchina ed ha iniziato a piovere. Abbiamo dovuto aspettare circa 45 minuti, perché si calmasse un po’ il diluvio.
Quando siamo potuti ripartire, un grosso albero era caduto sulla strada e ci sbarrava il passaggio. Con il machete che avevamo con noi era impossibile liberare la via; avremmo dovuto fare una lunga deviazione. In quei momenti ci si chiede veramente se Dio esiste: avevamo tutte queste difficoltà e avevamo fretta di arrivare all’ospedale, visto la situazione grave degli ammalati che erano con noi. Davvero sorgono molti pensieri, ma, alla fine, affido sempre nelle Sue mani le situazioni sapendo che quelle persone sono Sue. E poco dopo, abbiamo sentito arrivare dei ragazzi dalla foresta, stavano cantando. Ho chiesto se, mentre cantavano, potevano anche tagliare l’albero che ci impediva di procedere… l’hanno fatto; giusto il passaggio per la macchina e siamo potuti ripartire. Il Signore ci ha aiutato anche quella volta e siamo riusciti ad arrivare a casa.
La donna aveva un’occlusione intestinale ed è stata salvata grazie ad un intervento chirurgico nella notte.
L’uomo morso dal serpente era ancora in cura, quando sono partita, penso sia ancora ricoverato, ma procedeva bene.
La piccolina è andata a far parte di quella schiera di bimbi che, quando le mamme muoiono rimangono con noi per circa sei mesi e sono curate da tutti, poi cerchiamo di trovarle una famiglia. Il fratellino ha voluto chiamarla Malika, come la mamma.”
-Suor Rita